Conversazione tra i filosofi Averroè e Porfirio.

Emblema della V Sessione. Tratta da ″Liber de Herbis et plantis″, di Manfredvs de Monte Imperiali (1330-1340 ca.)
Biblioteca Nazionale di Francia. Parigi

Castello aragonese - Taranto

Emblema della III Sessione dei Dialogi. Detto anche Castel Sant′Angelo, monumento simbolo della città dei Due Mari. Meraviglioso scrigno di tesori, conserva tutt ′oggi i resti di antiche dominazioni. Dal carattere forte, affascina per il suo affaccio sul mare.

El Pilar - Zaragoza

Catedral-Basilica Nuestra Señora del Pilar, conocida como El Pilar. Icono de la ciudad de Zaragoza, es uno de los santuarios marianos más importantes del mundo católico. Símbolo de la II edición de los Dialogi.

Castelnuovo - Napoli

Detto anche Maschio Angioino, si erge inconfondibile e maestoso, di rimpetto al mare, da oltre sette secoli e scandisce la vicenda di Napoli in quanto capitale del Regno che da essa prende nome e sostanza politico-istituzionale. Monumento-simbolo della città partenopea, emblema della I Sessione.

Tapiz de la Creación - Girona

El tapiz de la Creación, obra románica del siglo XI de gran valor y calidad artística, es una pieza única y excepcional entre los pocos bordados que se conocen y se conservan. La parcela en la que aparece el Sol montado en su carro tirado por caballos, es el símbolo identificativo de la IV edición.

 

V Plenaria, Taranto

Quando un’impresa può dirsi sostenibile? Quali tipologie di attività imprenditoriali possono dirsi sostenibili o, all’opposto, non sostenibili? Di quali dispositivi si dispone per misurarne e valutarne la “sostenibilità”? Quali sono le procedure di “certificazione”della “sostenibilità”? Interrogativi come quelli appena proposti che possono essere meglio indagati e difatti qui trovano riscontro per mezzo del dialogo aperto alle molteplici discipline, sulla scorta di approcci trasversali cioè suggeriti da differenti angolazioni degli studi scientifici; mantenendo nelle debite proporzioni affinità e differenze.

I drammatici eventi di portata planetaria legati alla pandemia da Covid-19 hanno ulteriormente incrementato l’interesse mondiale per il tema della sostenibilità delle attività umane a contenuto economico.

La pandemia apre una finestra inquietante sul futuro possibile, lascia per la prima volta intravedere nel concreto le conseguenze di una in-certa globalizzazione (la diffusione incontrollata del contagio), della rinuncia a produzioni strategiche per motivi meramente opportunistici (si pensi alla penuria dei dispositivi di protezione individuale), della scarsità alimentare in alcune regioni del mondo (si pensi all’approvvigionamento di carni esposte al rischio di salto di specie delle patologie virali), dell’inquinamento ambientale (e si consideri la documentata correlazione tra diffusione atmosferica delle polveri sottili e trasmissione a distanza delle droplet veicolanti il contagio), delle “chiusure” nazionalistiche (che rendono tutti più fragili riguardo a fenomeni pandemici di portata globale, di fronte ai quali nozioni come quella di “frontiera” risultano inapplicabili e che richiederebbero, invero, un ben maggiore livello di cooperazione internazionale e una disciplina giuridica assai più incisiva e coesa, non solo in materia di tutela della salute e salvaguardia dell’ambiente, ma di tutela dei diritti umani, invertendo la race to the bottom che ha caratterizzato la recente globalizzazione dei mercati).

Di qui la centralità nel dibattito giuridico su tematiche legate all’impiego (e anzi allo spreco) delle risorse disponibili, alla tutela degli stakeholder esterni nella costruzione della business judgment rule e quindi della responsabilità civile degli amministratori, alla protezione dei “nuovi lavoratori” dalla insostenibilità dei “nuovi lavori”, ai rimedi offerti dal sistema a tutela delle istanze collettive nei confronti dei comportamenti imprenditoriali “insostenibili”; o ancora, alla previsione di modelli di organizzazione dell’impresa meno impattanti per l’ambiente, o alla immissione di trattamenti fiscali volti all’adozione di processi produttivi sostenibili o alla valorizzazione dello sviluppo sostenibile del territorio.

Con misure più ambiziosamente protese a difendere la salute, la sicurezza dei consociati, all’(ulteriore) sviluppo… la vita, con l’armamentario dell’ordinamento giuridico, anteponendo il bisogno primordiale della sostenibilità alle seppure legittime ed auspicabili attese dello sviluppo della società (i.e., progresso).

L’Opera che ne è scaturita (in due tomi), dal titolo: “L’impresa sostenibile. Alla prova del dialogo dei saperi”, raccoglie gli Scritti della V Plenaria, arricchiti di ulteriori riflessioni sulla scorta del consueto metodo di giustapposizione dialogica (Convergentive Dialogical Law & Economics, CDLE).

Ben di rado questo argomento ha formato oggetto di riflessioni interdisciplinari e comparatistiche, laddove invece il “Dialogo dei Saperi” è parso essenziale per meglio definire gli scenari socio-economici, demografici, politologici, prima ancora che giuridici, della “sostenibilità” dell’attività impresariale e, più in generale, delle attività a contenuto economico.

Questo il senso del “Dialogo dei Saperi”: non già “artificiosa” giustapposizione tra ambiti disciplinari e culturali di differente estrazione bensì sviluppo di ciascuno ambito per mezzo del confronto con l’altro affrancandosi dalle forme di parcellizzazione del sapere (della cultura) e cioè a quanto di più lontano rispetto alle istanze non soltanto metodologiche, ma anche assiologiche, sottese ai fondamentali di CDLE.

La parte introduttiva tratteggia lo scenario economico, socio-politico e giuridico nella cornice della “sostenibilità” delle attività a contenuto economico, dando conto delle contraddizioni dell’agire umano: i) tra aspirazione al miglioramento della qualità della vita e del lavoro di tutti, e costanti e deleterie spinte alle variegate forme di abuso, sopraffazione, conservazione e rafforzamento delle disuguaglianze; ii) tra accelerazione e estremizzazione dello sfruttamento delle risorse, per un lato, e la graduale e faticosa presa di coscienza della scarsità e non replicabilità delle stesse; iii) tra nobili istanze di condivisione, coesione internazionale e sviluppo armonioso dei territori, e dei popoli e crescenti tentazioni sovraniste e nazionaliste; iv) tra aperture agli interessi e alla partecipazione attiva degli stakeholder dell’impresa, e fibrillazioni che tale coinvolgimento – spesso illusoriamente considerato capace di innescare processi decisionali virtuosi – genera nell’azione gestoria.

Si guarda poi l’impresa nei suoi aspetti strutturali/organizzativi e dinamici/gestionali, con un accento particolare ai modelli tradizionalmente utilizzati per coniugare le istanze solidaristiche con il vantaggio economico e alle evoluzioni intervenute nel quadro normativo del “Terzo settore”, ma anche alle modalità innovative con cui le imprese si pongono sul mercato all’insegna della “sostenibilità”.

Ai profili di sostenibilità complessiva e sistemica si aggiungono riflessioni sul “carico” individuale dei “nuovi” (?) lavori, alle volte drammaticamente alludenti ad antiche forme di sfruttamento, a perdite di identità e diritti.

L’analisi si incentra poi sulla comunicazione d’impresa, nelle sue diverse declinazioni, con una certa attenzione ai profili etici ed all’uso distorsivo dell’informazione, specialmente non finanziaria, non di rado impiegata come mezzo di orientamento e sviamento della clientela e di condizionamento degli stakeholders.
Dall’impresa e dal suo essere nel mercato si passa alla disamina delle conseguenze e delle ricadute dell’agere imprenditoriale, declinate nell’ampia e spesso vaga della “responsabilità sociale”, quanto in quella più pragmatica della “corporate liability” e dei correlati rimedi giudiziali. Si è dato riscontro della sussistenza di impianti normativi apparentemente dissonanti, ma riconducibili a sistema, se osservati nella chiave universale della ragionevolezza e sostenibilità generale delle scelte imprenditoriali.

I successivi Studi si soffermano sulla dimensione internazionale ed in una certa misura olistica della sostenibilità, passando in rassegna alcuni tra i più spinosi temi definitori, tanto con riferimento alla controversa nozione di sviluppo sostenibile, quanto rispetto alle coordinate normative entro cui ricondurre l’enforcement. Quindi sui più significativi contesti nei quali il concetto di sostenibilità è declinato: quello ambientale, dell’ambito e dell’ambiente lavorativo, del diritti umani.

Le dianzi dette meditazioni hanno trovato echi e richiami negli scritti dei partecipanti alla call for papers, ideale complemento e arricchimento del “Dialogo dei Saperi”, confluiti nel tomo secondo dell’Opera.

Il tutto nel tentativo (si spera non illusorio) di contribuire a coniugare le istanze di sviluppo economico e tutela dei diritti più sacri dell’uomo insieme alla necessità di chiamare l’impresa all’assunzione di responsabilità verso gli individui, la comunità ed il suo futuro. Ed in concreto, per una ponderata valutazione d’insieme e sistematizzazione della materia nel contesto del tribolato scenario mondiale in fieri: essenza della mission e vision dei “Dialogi europaei [e] Sulla convergenza nei valori, principî, regole e pratiche del diritto dell’economia e dell’impresa”.